Il disastro di Chernobyà è sicuramente una delle più gravi dimostrazioni dei danni ambientali che l'uomo è in grado di creare da solo, infliggendo a se stesso e al mondo ferite che si potranno rimarginare solo dopo migliaia di anni. Abbiamo già avuto modo di parlare di quel disastro che sicuramente è rimasto impresso nella memoria di molti nostri lettori.
Oggi vi presentiamo un reportage fotografico a cura di Emanuele Cosimi che ha omaggiato la nostra comunità degli scatti che lui stesso ha fatto sui luoghi spettrali del disastro. Queste immagini spettrali di desolazione ed abbandono sono la vivida dimostrazione di quanto è accaduto e di come quell'incidente rimarrà sulle nostre spalle per sempre.

 

La notte del 26 aprile 1986, presso la centrale nucleare "Lenin" situata nell'oblast di Chernobyl, ebbe luogo il più grande incidente nucleare della storia. Il reattore numero 4 esplose a seguito di alcune manovre errate da parte degli operatori. Si scoperchio' letteralmente sprigionando una nube radioattiva che ben presto iniziò a spostarsi nei cieli d'Europa. E mentre la nube viaggiava raggiungendo anche l'America, nessuno metteva al corrente della gravità della situazione, la popolazione della vicinissima Pripyat. Le persone, ignare, continuarono a recarsi al lavoro, i bambini a scuola, senza alcuna protezione e precauzione.

Le maschere antigas che il regime sovietico metteva in dotazione ad ogni ufficio pubblico o scuola, in quanto temevano un attacco con armi biologiche da parte dall'America, non vennero utilizzate in questa tremenda emergenza. Si cercava il più possibile di nascondere la gravità della situazione. Mentre i camion pulivano le strade nel tentativo di arginare il disperdersi di radiazioni, dopo tre giorni il governo dovette ammettere il disastro che era in corso, davanti alla popolazione ed al mondo intero. Venne organizzata l'evacuazione dell'intera popolazione di Pripyat, circa 45.000 persone.

Un annuncio riecheggiava nelle strade:

 

"Attenzione, attenzione, cari compagni, c'è stato un incidente alla centrale nucleare. Per salvaguardare la salute dei nostri cari compagni, è necessario evacuare la città.

Alle 14 dirigetevi ai pullman. Portate con voi solo lo stretto necessario. I documenti e quanto occorre per stare fuori qualche giorno. Non portate gli animali domestici.

Rientrerete alle vostre case entro tre giorni. Uscendo non dimenticate di chiudere il gas."
 

 

Ma in realtà nessuno è mai più potuto rientrare a vivere nella propria casa. Ed anzi, fu necessario recintare un'area compresa nei trenta chilometri dalla centrale e renderla inaccessibile e presidiata dall'esercito, comprendendo anche la città di Chernobyl, data l'elevata radioattività che la avvolgeva. Gli scienziati e gli studiosi del mondo intero ipotizzano che la città di Pripyat sarà nuovamente vivibile per l'uomo tra non meno di 20.000 anni.

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Emanuele Cosimi ph. per Prepepr.it
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