Avevo lasciato nonna in macchina in cima ad Amatrice, quindi ho scalato di nuovo le macerie per raggiungerla e occuparmi di lei, il sole stava quasi per sopraggiungere, l'auto era aperta ma non avevo le chiavi perchè le aveva portate via mia madre e non sapevo più dove fosse, le ho fatto una capanna con le giacche e la sua vestaglia, era in camicia da notte e senza una ciabatta, non potevo portarla da nessuna parte e siamo rimaste così, con intorno gli elicotteri che si alzavano senza sosta per trasportare i feriti negli ospedali.


Dopo un'ora e mezza è arrivata mia madre con un'aria che non le avevo mai visto addosso, poi ho capito il perchè.
Ci siamo date il cambio e sono andata a cercare l'ambulanza che guidava mio padre, un'infermiera volontaria mi ha tirata a bordo dicendomi solo «Tesoro, dobbiamo fare il trasporto salme».

Ero già pronta.

Le persone erano morte da poche poche ore, la notte era stata fresca e quindi il pericolo batteriologico era ridotto, alcuni erano ancora caldi quando li sollevavo con gli altri colleghi, ma in casi come questi bisogna stare attenti al sangue perchè pur conoscendo i nostri amici, non siamo obbligati a conoscere le loro cartelle cliniche e sicuramente non abbiamo ben chiaro a cosa andiamo incontro toccando i loro fluidi.


Guanti e mascherina sono il minimo dei presidi che è moralmente obbligatorio verso noi stessi, portare nello zaino.

Preferite sempre i guanti in nitrile o i guanti da lavoro interamente gommati e ben aderenti, le salme non possono collaborare, sono letteralmente “a peso morto” e se la nostra presa non è ben salda per via dei guanti o per un momento nostro di mancamento, potrebbero caderci, scivolarsi e rischieremo di peggiorare le loro già irreversibili ma dignitose condizioni e di farci male.


Assicuriamoci una presa ben salda.

Oltre a questi due presidi, per gli stessi motivi di autoprotezione, sono necessari anche gli occhiali protettivi con anche i lati schermati perchè una sola goccia di sangue nell'occhio potrà trasmetterci velocemente qualsiasi malattia e rischieremo di mettere in pericolo la nostra vita dato che ormai non possiamo fare niente per quella che abbiamo in mano.
Miei cari, carissimi lettori, siamo arrivati a due dei momenti peggiori della mia vita che condividerò con voi con tanta obbiettività, mantenendo una visione prepper “manualistica” perchè questo è il mio scopo, ma è inevitabile raccontare tutto questo mettendoci dentro un po' della mia personale esperienza emotiva.
Quando stavo nella parte Sud di Amatrice mettevamo i morti in un giardinetto al lato del convento delle suore ma mi stavo dedicando ai feriti e ancora non li avevo toccati, probabilmente a parte le mani di qualche parente morto in casa, non ne avevo mai toccato nessuno.
Nella parte Nord di Amatrice, dove mi trovavo a questo punto della narrazione, mettevamo le salme nel Parco in Miniatura e da lì le prelevavamo per portarle nel garage della Scuola Alberghiera.
Erano tutti avvolti nelle coperte o nelle lenzuola, nudi o in pigiama e non avevamo delle vere e proprie barelle, allora li abbiamo messi sulle persiane, sulle porte, sulle assi e le caricavamo sull'ambulanza ma con l'aggiunta del supporto di fortuna, sembrava di sentire proprio il peso della tragedia al di là di quello del corpo.
Tecnicamente si chiamano corpi inanimati e così mi sono imposta di considerarli anche se per me ognuno di loro aveva un'identità che conoscevo benissimo e che comunicavo con quanto più controllo possibile.


L'identità è importante anche per chi non ha più vita, fa parte della sua dignità 

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ed evita di commettere errori, di scambiare i corpi e i loro nomi e di separare le famiglie.

 

Regola n.8: Proteggi te stesso