Era il 27 gennaio del 1971 quando la famiglia Robertson salpò dal porto di Falmouth in Cornovaglia sulla loro 13 metri per un vero e proprio giro del mondo. Nessuno poteva immaginare che quello sarebbe stato l'inizio di uno dei casi di sopravvivenza più famosi e che hanno fatto scuola.

Dopo uno scontro con delle ballene nei pressi delle Galapagos, i Robinson hanno trascorso i successivi 38 giorni in mare aperto su una zattera gonfiabile prima di riuscire a mettersi definitivamente in salvo. Ecco come.

Il viaggio intorno al mondo

I Robertson erano davvero intenzionati a girare il mondo in barca a vela e a non tornare più. Il loro viaggio durò ma il diciassettesimo mese di navigazione la barca dei Robertson, la Lucette, si scontra con branco di Orche. La barca ha la peggio e inizia ad imbarcare acqua: l'intera famiglia deve salire su una zattera gonfiabile: la piccola Ednamair, che ora fa bella mostra di se nel museo marino di Falmouth.

La Ednamair sarà la casa dei Robertson per i successivi 38 giorni, prima che riescano a riguadagnare terra arrivando alle Galapagos, da cui distavano più di 200 miglia marine.

 

Dispersi

I Robinson si ritrovano confinati in 6 in uno spazio lungo 3 metri, progettato al massimo per 5 persone. A bordo avevano potuto portare acqua per 10 giorni, una sacca di cipolle, alcune arance e limoni e dei dolci. Dopo 10 giorni la parte gonfiabile della Ednamair si danneggia e va costantemente rigonfiata a bocca. I Robinson devono darsi i turni: metà di loro può stare fuori dall'acqua mentre l'altra metà è costretta a stare a bagno fino alla vita.

 

Sopravvivere

Stringere i denti in mare non è stato affatto facile. Riapro dal sole e dall'acqua di mare, acqua dolce da bere e cibo erano le priorità.

Dispersi nel mare delle Galapagos, i Robertson hanno potuto nutrirsi catturando 13 tartarughe di mare, utilizzando un rudimentale arpione ricavato da un remo . Nulla andava buttato: per dissetarsi sono stati costretti anche a bere Il sangue della tartarughe, e dal grasso che rimaneva ricavavano un'olio con cui proteggersi dal sole e lenire le bruciature dell sale.

Ma l'aspetto più peculiare della loro sopravvivenza riguardava l'idratazione. L'acqua che avevano era un misto di acqua piovana, marina e derivati liquidi delle tartarughe, con ogni probabilità contaminati, inbevibili e pericolosi per la salute. Lyn, la madre, era un'ifermiera, e conosceva un sistema per cui gli elementi impuri in quell'acqua non sarebbero venuti a contatto con il sistema digerente: il clistere. La tecnica è stata inventata dal chirurgo John Benjamin Murphy, alla fine del 19esimo secolo per idratare i pazienti che, a causa di un'intervento, non potevano bere.

 

Salvi

38 giorni dopo l'incidente i Robertson sono tratti in salvo dall'equipaggio del "Toka Maru II" un peschereccio giapponese. Di quei giorni ci raccontano:

"Stranamente la vita ha una sua peculiarità, la sopravviveza, la ricompensa si vedere un'altro tramonto, e un'altra alba"

"Ci sentivamo come animali della jungla, il nostro unico obiettivo era vivere un'altro giorno"

 

Il ricordo

Il capofamiglia, Douglas Robertson, ha raccolto la storia di quei difficili giorni. "Survive the Savage Sea" è diventato in libro da cui poi è stato tratto un film. Ma l'esperienza vissuta doveva essere messa a disposizione di tutte le persone che vivono e lavorano nel mare, motivo per cui è stato aperto anche un sito dedicato ed è stato scritto un manuale dedicato alla sopravvienza in mare.