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Scenari

20130620-brasileA pochi giorni dall'inizio delle proteste in Turchia, un'altro paese si fa teatro di scontri tra la popolazione e le forze dell'ordine. Stavolta tocca al Brasile, lontanissimo sia chilometricamente che per situazione politica ed economica, ma incredibilmente vicino dal punto di vista della condizione sociale.

Il Brasile è tra i così detti "paesi BRICS", benedetti da un'economia in forte espansione, dall'abbondanza di risorse naturali e da una invidiabile crescita del PIL. Ma questi fattori non sono in grado di garantire la sicurezza, il benessere e la tranquillità alla sua popolazione, scesa in piazza contro gli sprechi e l'aumento dei prezzi.

La protesta contro gli sprechi

Il Brasile si è aggiudicato il ruolo di paese ospitante sia per i campionati mondiali di calcio del 2014 che delle Olimpiadi del 2016. Questi eventi sono una grande occasione per l'economia del paese: turisti e tifosi da tutto il mondo che alimentano l'indotto della manifestazione. Tuttavia sono anche costosi data la necessità di ammodernare tutte le strutture sportive e le infrastrutture. In Italia abbiamo avuto casi di spese faraoniche per le Olimpiadi Invernali di Torino e per i Mondiali di Nuovo di Roma.

Molti da più parti, sostengono che la forte crisi economica greca sia iniziata con le Olimpiadi del 2004. Non stupisce quindi che i brasiliani siano contrari ad avere ben due eventi così ravvicinati nel tempo dato che i fondi stanziati per l'organizzazione di queste manifestazioni sarebbero meglio spesi altrove.

 

Gli aumenti dei mezzi pubblici

Altro elemento che sta alla base delle proteste è l'aumento dei costi dei mezzi pubblici. In Brasile i mezzi pubblici sono utilizzati  da tutti i lavoratori del paese, che spesso arrivano a fare viaggi di 2 ore per recarsi al lavoro. L'impatto del costo dei mezzi sull'economia delle famiglie non è trascurabile, anche se si tratta di un'aumento di 20 centesimi a biglietto. Le proteste si sono verificate in tutte le principali città del paese: Rio, Belo Orizonte, San Paolo, Brasilia.

Fortunatamente le ultime notizie riportano che l'annunciato aumento dei biglietti è stato revocato almeno per le città di Rio e San Paolo.

 

Gli scontri di piazza

Le manifestazioni sono state contrastate con l'uso della forza di polizia ed esercito che non ha risparmiato su idranti, spray urticanti, manganelli e proiettili di gomma. Molti video in rete documentano alcuni di questi momenti di repressione.

Tuttavia i manifestanti non si sono lasciati intimorire, ed alcuni gesti di protesta hanno avuto particolare successo: molti giovani sono riusciti a superare i cordoni di sicurezza e a salire sul tetto del Parlamento.

Non sono mancati poi tentativi di imbavagliare la stampa, come l'aggressione da parte della polizia al giornalista Pedro Riberio Nogueira e la sua collega Giuliana Vallone.

 

Tutto il mondo è paese?

 Il Brasile è solo l'ultimo di una serie di paesi che hanno visto grandi dimostrazioni di piazza contro le scelte del proprio governo. Prima le primavere arabe, poi gli Indignados spagnoli, per proseguire con Grecia, Siria e Turchia. Il Brasile dimostra che le ragioni alla base delle proteste (economiche, culturali, sociali, umanitarie) e l'ecosistema in cui si sviluppano (paesi più o meno in crisi, con diversi livelli di democrazia) possono essere molto diversi. Le costanti sono da cercare altrove:

  • repressione da parte del governo
  • utilizzo massivo della forza e di armi considerate non letali da parte di esercito e polizia
  • repressione nei confronti di stampa e di Internet per il controllo dell'informazione

 

 

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