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Pronto Soccorso

DocMaxDopo aver trattato nel primo articolo le ferite, passiamo a considerare un caso più complicato, ma purtroppo comune: le fratture. Fanno male, e possono essere molto pericolose, per questo vanno trattate con moltissima cura, non solo imparando quali sono le cose corrette che si possono fare, ma soprattutto sapendo cosa non si deve fare per peggiorare la situazione.

Seguiamo quindi le istruzioni di DocMax per imparare come salvarci la pelle anche in questi casi.

 

 

Considerazioni generali

Le fratture sono l’evenienza più dolorosa e invalidante della traumatologia dell’apparato locomotore. Piuttosto frequenti in chi fa attività sportiva, ma possono verificarsi anche in ambiente domestico. Per quanto terribile possa sembrare, una frattura solitamente non pone una persona in immediato pericolo di vita, a meno che non sia complicata da un’emorragia o dall’esposizione.
Solitamente il paziente stesso è in grado di capire, senza bisogno di una radiografia, quando l’osso è rotto all’interno: la sede del trauma è dolorante come non mai, è gonfia e deforme ma, soprattutto, non ha la solita mobilità. I tentativi di muoverla non solo evocano dolore ma risultano in movimenti anomali, dovuti ai nuovi e patologici rapporti tra ossa e muscoli. A volte possono essere uditi scricchiolii: sono dovuti ai capi ossei che fanno attrito tra loro.

Ci sono diversi tipi di frattura ossea, come possiamo vedere dall’immagine in basso, ma per semplicità possiamo distinguerne due tipi: interne ed esposte.

 

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Le fratture interne

20150417-DocMax-Fratture2La prima cosa da fare è scoprire la parte lesa, tagliando i vestiti ed esponendo la sede della frattura. E' bene non tentare di ridurre la frattura, cercando di far assumere all’arto la posizione fisiologica o esercitando trazioni: si rischiano infatti lesioni sia nervose che vascolari, che andrebbero a peggiorare il quadro clinico senza motivo. Piuttosto è utile steccare l’arto nella posizione in cui lo si trova, cercando di immobilizzarlo vicino al corpo o a strutture rigide di fortuna che possono essere trovate sul posto: ad esempio si stecca un braccio rotto fasciandolo vicino al busto nella posizione che evoca meno dolore al paziente, una gamba la si stecca fasciandola all’altra gamba sana o ad un ombrello. Importante è porre uno spessore morbido tra l’arto e la “stecca”, che verrà tenuto fermo dalla fasciatura: cotone se disponibile, in assenza vestiti arrotolati. In questi casi sono molto utili, per chi le sa usare, le bende triangolari.

In questa situazione si può raggiungere un Pronto Soccorso con moderata tranquillità.

 

Le fratture esposte

Evenienza più drammatica è la frattura esposta, nella quale l’osso ha lacerato i tessuti cutanei ed è visibile all’esterno. Anche se non vediamo l’osso, una piccola soluzione di continuità della cute ci farà capire che il moncone, per una frazione di secondo, ha perforato la pelle e si è contaminato con batteri cutanei: anche in questo caso la frattura è da considerarsi esposta.
Questo tipo di frattura espone il paziente al rischio di emorragie incontrollabili, a lesioni vascolari e nervose, al contagio della ferita da batteri esterni ma soprattutto all’embolia, che può essere sia da trombi (coaguli), sia da pezzi di grasso o di osso. In questo caso si deve raggiungere il prima possibile una postazione medica avanzata cercando di muovere il meno possibile l’arto infortunato. Assolutamente non tentare di far rientrare l’osso all’interno: l’unica cosa da fare è posizionare quante più garze sterili sopra l’osso esposto in modo da “impacchettarlo” e controllare l’eventuale emorragia comprimendo a monte solo l’arteria che sta sanguinando, e non piazzando un laccio emostatico che blocca tutto il circolo. Inoltre è inopportuno versare prodotti sulla ferita: l’unica soluzione ammessa per un eventuale lavaggio della ferita è la fisiologica. Se si hanno farmaci a disposizione, è utile cominciare una terapia antibiotica a largo spettro per scongiurare una complicazione infausta, l’infezione ossea.

 

Altri tipi

Un’altra possibilità è la frattura di una costola: abbiamo subito un forte trauma al torace e, oltre al notare un’area di ecchimosi, proviamo forte dolore che si accentua con gli atti respiratori. Una complicanza di questo tipo di fratture è la perforazione polmonare, con successivo pneumotorace: quando espiriamo il polmone perforato, anziché eliminare l’aria attraverso i bronchi e la trachea, lo fa attraverso la ferita, facendo accumulare aria all’interno della gabbia toracica (che ha una pressione negativa rispetto a quella atmosferica). Se quest’aria si accumula si comporta come un palloncino che prima comprime i polmoni e infine il cuore, per tale motivo ci si deve sempre recare in Pronto Soccorso per escludere uno pneumotorace.
Però nell’immediato si può fare qualcosa: si appoggia sull’area del trauma qualcosa di semirigido, come può essere una tessera plastificata o una carta di credito; bloccata sulla cute (con del duct tape ad esempio) eviterà alla costola il “movimento paradosso”, la fuoriuscita della stessa quando si inspira, riducendo il danno che provoca.

Vi sono altri tipi di fratture, ancora più gravi come la fratture alla colonna vertebrale e al cranio, ma queste meritano una discussione a parte, e competenze specifiche.

 

Info:
DocMax è in realta il Dr. Massimiliano Bellisario, Medico Chirurgo specializzato in Medicina Generale e appassionato di Medicina dei Disastri.Collaborazione con Prepper.it per divulgare informazioni corrette riguardo al primo soccorso in caso di emergenze. Gestice la pagina facebook Facebook.com/NextSolarStorm  dedicata alla sua guida di sopravvivenza alle tempeste solari

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