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Economia

20131107-corporationLa maggior parte delle volte che andiamo a fare la spesa foraggiamo con i nostri soldi un numero estremamente ristretto di compagnie che possiedono una porzione enorme dei prodotti che sono in vendita in tutti i supermercati del mondo.

Queste compagnie spesso godono di un enorme potere economico, svolgono una pressante attività di lobbying verso il mondo politico e comportamenti eticamente discutibili. Per questo i loro prodotti sono sovente oggetto di campagne di boicottaggio.

Ma la scelta che ci viene data nel riempire il carrello della spesa spesso è solo apparente, dato che la ramificazione delle loro attivià è tale da rentere molto difficile fare scelte alternative e sapere con certezza chi produce quello che mangiamo.

 

10 Giganti

Sono circa una decina le principali compagnie, o corporazioni, che da sole producono la maggior parte dei marchi più famosi e sono in grado di controllare quello che mangiamo, come ci vestiamo e cosa usiamo per pulire la nostra casa. Nestlè, Procter & Gamble, Johnson & Johnson, Unilever, Kraft, Coca Cola, Pepsico, General Mills, Kellogs e Mars possiedono direttamente o indirettamente tramite delle controllate una lista enorme di prodotti di ogni sorta: cibo (dolci, cibo per animali, per l'infanzia), profumi, vestiti, batterie, cerotti, prodotti per l'igiene e la cura della persona, e ogni altra sorta di prodotti venduti dalla grande distribuzione. Non stupisce che ogni singola compagnia abbia fatturati di miliardi (circa 200 miliardi di dollari l'anno per la sola Nestlè).

Qui sotto vi proponiamo una mappa non aggiornata e soprattutto non completa.

Non solo grande distribuzione

Quello che vi abbiamo presentato è una analisi che verte solo sui prodotti della grande distribuzione organizzata (i supermercati), tuttavia una situazione analoga si può trovare in molti altri settori particolarmente strategici.
Il primo che vogliamo citare è quello delle banche: in numero di istituti di credito in tutto il mondo si sta gradualmente riducento, concentrando masse di liquidità in pochi centri di controllo. Ad esempio negli USA si è passati da 37 istituti di credito a 4 in soli 20 anni.

Lo stesso avviene per i settori dell'energia (Shell, BP, Gazprom) per l'informazione e l'accesso ad Internet (Google).

 

Il rischio

Nessuna ha intenzione di demonizzare le compagnie ed i loro marchi, ma ci pare lecito chiederci se il potere che deriva da fatturati così imponenti non si possa tramutare in un rischio per i consumatori. Ci sono già stati più volte episodi di comportamenti quantomeno discutibili nei confronti di lavoratori, specie negli stabilimenti dei paesi emergenti. Altre volte le compagnie adottano un procedimenti molto aggressivi per abbassare i propri costi di produzione che includono l'outsurcing verso aziende terze, spesso in paesi esteri, in cui i costi di produzione sono più bassi, ad esempio perchè le leggi di tutela ambientale (se ci sono) sono molto più permissive ed i controlli di qualità sono solo "sulla carta", scaricando quindi su altri tutte le relative responsabilità.

 

Addio concorrenza

Economicamente l'Italia è un paese basato sulla piccola e media impresa che si dedica produzioni locali ad alta qualità e valore aggiunto. Per le nostre aziende queste compagnie rappresentano una concorrenza estremamente agguerrita in grado di portarle al fallimento con estrema facilità.

Più in generale questo andamento fa si che nei diversi settori strategici la concorrenza sia di fatto minore e che la possibilità di scegliere si riduca, togliendo un pezzetto a tutti noi un po' alla volta il potere contrattuale, l'indipendenza e con essi la libertà.

 

 

 

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